Qual è il suo nome? (Es 3,13): Un nome che genera storia
L'abbozzo di una fenomenologia narrativa della denominazione divina, suggerisce che nei differenti nomi conferiti a Dio dai personaggi della Bibbia ebraica sono condensate le loro rispettive e peculiari esperienze di incontro con lui: il significato dei nomi assegnati va cercato nella storia vi...
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Format: | Print Article |
Language: | Italian |
Check availability: | HBZ Gateway |
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Published: |
Glossa
2024
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In: |
Teologia
Year: 2024, Volume: 49, Issue: 2, Pages: 333-361 |
IxTheo Classification: | HB Old Testament NBC Doctrine of God |
Summary: | L'abbozzo di una fenomenologia narrativa della denominazione divina, suggerisce che nei differenti nomi conferiti a Dio dai personaggi della Bibbia ebraica sono condensate le loro rispettive e peculiari esperienze di incontro con lui: il significato dei nomi assegnati va cercato nella storia vissuta. In questo senso, il nome rivelato a Mosè al roveto è qualitativamente differente, non solo perché, non è un nome ricevuto, ma anche perché la forma narrativa di Es 3 contie-ne paradossalmente sia il rivelare sia il nascondere: anche se Yhwh risponde a Mosè che gli chiede il nome, egli resta un mistero; il suo nome non si spiega, infatti, in base a ciò che è stato, ma è aperto al futuro e non può essere compreso se non esplorandone le declinazioni in base alla contingenza. La valorizzazione della forma narrativa e dinamica dell'(auto)denominazione divina non consente di considerare il nome rivelato come un'etichetta: esso è al contrario una teologia, in cui l'ontologico si mescola con l'autoreferenzialità storica, la promessa futura con la tradizione. The sketch of a narrative phenomenology of divine naming suggests that in the various names given to God by characters in the Hebrew Bible, their respective and unique encounters with Him are condensed: the meaning of the assigned names should be sought in lived history. In this sense, the name revealed to Moses at the burning bush is qualitatively different, not only because it is not a received name, but also because the narrative form of Ex. 3 paradoxically contains both revelation and concealment: even though Yhwh responds to Moses when he asks for the name, He remains a mystery; His name is not explained based on what has been, but it is open to the future and it can only be understood by exploring its declinations according to contingency. The emphasis on the narrative and dynamic form of divine (self-)naming does not allow us to consider the revealed name as a mere label: instead, it represents a theology, in which the ontological blends with historical self-reference, and the future promise intertwines with tradition. |
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ISSN: | 1120-267X |
Contains: | Enthalten in: Teologia
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